Attila flagellò anche l’Istria? – parte terza –

Secondo alcune leggende ungheresi il sarcofago di Attila fu interrato tra il Danubio ed il Tibisco in terra ungherese (un’area che copre venti mila km quadrati) ; tuttavia l’immaginazione popolare vuole che il suo castello e la sua tomba si trovino invece a Kapela non lontano da Radgona (in Slovenia), altri lo vogliono seppellito a Tolmino addirittura in tre casse.

In realtà, succede alle persone più in vista e soprattutto ai personaggi che godono di particolare autorità e carisma, di venir giudicati in modo diverso a seconda del periodo storico preso in considerazione. Bisogna anche considerare la diversa valenza che assume l’immagine popolare di uno stesso personaggio in epoche diverse; studi moderni tendono a considerare Attila più come un predone che non un distruttore insensato, un re che capì l’importanza dell’oro per l’economia del suo paese. E così stride il fatto che il suo nome sia stato (e sia tuttora) sinonimo di ferocia per le popolazioni romane, mentre nella lingua del suo popolo esso ha il significato di “piccolo padre” (dal gotico atta = padre; da notare che in turco padre = atta ed in ungherese = atya). In Ungheria il nome proprio Attila è molto comune tra la popolazione maschile; Attila Utca è una delle vie principali di Budapest ed inoltre in tutte le epoche della storia ungherese Attila è stato considerato con venerazione e la sua reputazione oggi è più grande che mai.

testa di Attila

 

Figura storica di forte impatto popolare, Attila rimane quale emblema di orgoglio guerriero e di re buono da una parte ma anche di rude e disumano capo. E mentre nei paesi dell’Europa occidentale rimane una figura truce e barbara, nelle leggende germaniche e norrene Attila viene descritto come un normale essere umano piuttosto che una figura mitologica, un re magnanimo e regale con l’unica differenza che le storie germaniche ci mostrano Attila quale capo dignitoso e rispettato mentre quelle norrene lo considerano un individuo rozzo ed ubriacone. La leggenda più conosciuta in cui Attila viene nominato è la Canzone dei Nibelunghi nata dalle diverse versioni di cantastorie sia tedeschi che scandinavi. Nella seconda metà del ‘600, nella trasposizione sulle scene, il francese Corneille fece conoscere il suo Attila (nella tragedia omonima) quale eroe tenero, un bel mostro che piacque molto al pubblico parigino dell’epoca che preferiva un eroe tragico e rude ma con una storia vera che escludesse gli intrighi inventati e prevedibili di una corte non proprio onesta. Corneille sosteneva che, secondo Marcellino, Attila era stato ucciso dalla moglie durante la notte delle nozze ma in realtà egli non voleva far morire il suo eroe nelle vesti di un ubriacone, cosa che contrastava con la descrizione fattane da Prisco. Duecento anni dopo, Verdi porterà il suo Attila sul palco del teatro lirico ambientando il melodramma proprio ad Aquileia, immagine emblematica della caduta dell’Impero; e sulla piazza della cittadina in rovina, Verdi conferì al suo protagonista, feroce comandante, la dimensione epica che lo vuole ricordare anche come uomo innamorato e come re morto prematuramente; non per i fumi del vino quindi ma trafitto dalla spada della sua futura moglie. Anche Mario Schiavato8 ci ripresenta un feroce Attila che nel 453 pare abbia distrutto, tra i vari paesi dell’Istria, anche la cittadina di Umago; il suo personaggio sarà perciò ricordato dalle genti istriane nella leggenda che lo vuole quale distruttore dell’Istria per ben sei volte. In realtà non si sa quanto veri siano questi fatti, ma le leggende sono dure a morire e talvolta al piacere della narrazione si aggiunge la necessità di esorcizzare la paura che tali individui violenti incutevano nelle popolazioni. Troviamo notizie di Attila anche in un resoconto di percorso o corografia dell’Istria, scritto da Pietro Coppo16 che racconta di un suo viaggio, durato ben due mesi, lungo le coste e nell’entroterra dell’Istria; egli ci dà un dettagliato resoconto sia del suo operato che dell’ : ”…..origine dell’Istria e delle cose passate.” Con la consulenza e collaborazione di geografi e storici, Pietro Coppo pubblicò anche una descrizione dell’Istria datata 1540. Egli alterna a questi dati geografici, notizie storiche alcune delle quali già date da Flavio Biondo (1482): “…. Ed Attila re degli Unni, signor della Dacia Ungheria e Grecia nel 442, come scrive Paolo Diacono,……. fece irruzione in Italia con potentissimo esercito di seicento mila uomini, pose campo ed assedio ad Aquileja…… Mentre Attila stava a campo sotto Aquileja le città terre e castelli dell’Istria rimasero del tutto distrutte e ruinate, di modo che non vi rimase persona vivente.”. La descrizione geografica dell’Istria inizia da Duino col Timavo, S.Giovanni, il castello di Duino e ricorda come già Plinio ne avesse lodato il vino (del Pucino) ma anche l’olio istriano. Riappare a questo punto Attila: “Pirano non è terra antica, ma edificata dopo le devastazioni d’Attila come i luoghi anzidetti, e si ritrova esservi state abitazioni non poche dov’è San Giovanni di Salvore. Imperocché si vede ivi sott’acqua un porto disfatto, e quando l’acqua è bassa, si scorgono gran quadroni di pietre, che dimostrato essere stato molo, ed in quei dintorni fondamenti d’edifizj ed indizi d’essere stata una terra17.” Anche Fra Leandro Alberti Bolognese scrisse: “ ..quindi a cinque miglia trovasi Piran, terra ben edificata doppo le ruine fatte da Attila…… si trova Umago posto sopra uno scoglio intorniato dalla marina,il cui territorio è quasi tutto piano, e producevole di biade e di boschi. Quivi vedesi piegare il lito del mare verso Italia ovvero al mezzogiorno”.18

Su Attila e l’Istria incombe tuttora il mistero: ci passò con le sue orde oppure no? Non possiamo in ogni caso avere delle certezze su personaggi vissuti tanti anni addietro e dei quali conosciamo pochissimi dettagli di vita. Le fonti che ci sono pervenute sono maldisposte e fortemente ostili: i primi cronisti sono tutti per lo più romani e cristiani e quindi prevenuti nei confronti di un barbaro che non si è mai convertito. Due caratteristiche che spiegano l’accezione dispregiativa che è insita nel nome di Attila e che si è tramandata nei secoli. Una cosa è certa: l’Impero Romano non fu mai più lo stesso dopo la calata di Attila e l’Istria ricorda ancora le sue distruzioni ed uccisioni. Concludendo citiamo le parole di Salviano che V.M.Manfredi nel suo romanzo L’Ultima Legione fa dire ad una Romana sopravvissuta all’inferno di Aquileia: “Siamo costretti a vivere come barbari per poter continuare a vivere da Romani”19.

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NOTE:

16- L’archeografo Triestino, Volume II, Trieste, Dalla Tipografia Di Gio:Marenigh, 1830,II, Corografie dell’Istria, n.2 Pietro Coppo. Del sito dell’Istria,pagg.26-43. Ulteriori notizie storiche sulla campagna di Attila in Istria in: Vincenzo Scussa, Storia Cronografica di Trieste, Trieste 1968, pag. 36; AAVV,Istria nel tempo, Centro Ricerche Storiche di Rovigno, 2006, pag. 109;Boskovic-Stulli; Nicolò da Caccia.

17 – ibidem pag. 36; simili le parole di Flavio Biondo -nota:… pag.20– .. et tertio loco Salodi (Salborii) promontorium totidem.. pag.21 abest passus; quartumque paris a superiori distantiae Humagum nobile oppidum cursu prope recto et ad Italiam transverso…

18 – Fra’ Leandro Alberti Bolognese, Histria decimanona regione della Italia, pag.78.

19 – V.M.Manfredi, L’ultima Legione, Mondadori, Milano,2002, pag.62

(fine della terza parte)

 

 

 

 

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