Portole

Portole

Da castelliere dei Liburni a città romana e veneta posta a baluardo dell’Istria
(Da: “Itinerari istriani – I vol.” di Pietro Parentin) 

Tra l'abbandono di oggi spicca la testimonianza di un passato florido di tipica impronta italica.

La strada per raggiungere la località è quella che da Castelvenere, passando per Sterna, va a Stridone. L'altra, quella proveniente da nord, di origine antichissima e che costituiva l'asse Trieste-Montona-Pisino-Pola, oggi è interrotta dal confine tra Slovenia e Croazia che qui manca di valico, fatto questo che rompe ancor più l'unità di un antico territorio e relega Portole in una posizione fuori mano. La strada percorre nella sua lunghezza lo stretto altopiano che costituisce il Carso di Buie prima e quello di Sterna poi; questo territorio è compreso tra le colline marno arenacee, coperte di boschi e suddivise da valli lungo le quali scorrono torrenti che finiscono in inghiottitoi, a nord-est ed i rilievi che dominano la sottostante valle posti a sud.

Raggiunta Santa Lucia, località posta al margine sud della zona calcarea, al di là di una sella, ci appare di fronte Portole arroccata su un cocuzzolo delle colline marno arenacee che si trovano tra la zona calcarea e la profonda valle del Quieto. Queste colline, culminanti con il monte Crescenza presso cui c'è la chiesa di Sant'Elena (m.420), precludono a Portole panorami aperti sulla valle quali quelli goduti da Grisignana e da Montona, rendendo così la località, che ci apprestiamo a conoscere, un po' appartata. Un bel panorama lo si può ammirare dal bastione antistante la porta del borgo, esso si apre sulla valle del torrente Portole; un'altra vista interessante si apre verso est, la si può godere andando un po' più avanti ove c'è la chiesa di San Rocco che si trova sulla strada per Levade. Il panorama che si può ammirare verso nord-est, la direzione da cui siamo arrivati e sulla quale ci soffermiamo in queste note, grazie alla maggiore elevazione su cui ci troviamo è abbastanza ampio e si estende alla parte carsica del territorio che si eleva verso nord-est fino alle colline marno-arenacee di Ceresignano e Stunizza, tra cui s'apre la valle di Bresovizza percorsa dalla strada per Trieste. Qui i torrenti Michilinizza e Pregon, dopo essersi uniti, terminano in un inghiottitoio. La valle paludosa, che con forti piogge si allaga, nella parte superiore prende nome di Valle dei Spini. Più a nord è Slovenia, ove sono rimaste le frazioni di Gradena e di Toppolo in Belvedere appartenenti, un tempo, con Ceppi, alla antica ed estesa parrocchia di Sterna.

In questo itinerario mi soffermo sulla zona carsica rimandando quella collinare (Berda) ad un capitolo su Levade e Gradigne con le Terme di Santo Stefano. Oltre alla chiesa di Santa Lucia posta al centro della sella che divide la zona carsica da quella marno arenacea, altre due chiese si trovano nella zona carsica o in Carso; quella di San Giovanni nell'omonimo villaggio posto ad ovest e quella di Sant'Antonio ad un chilometro sulla strada per Stridone. La piccola chiesetta dedicata a San Giovanni Battista, come possiamo dedurre dalla pala che sovrasta l'altare raffigurante San Giovanni che battezza Gesù, è posta al centro di un gruppo di case entro un recinto erboso. Ai lati dell'entrata ci sono due finestrelle e sopra la facciata un bel campanile a vela. La chiesetta di Sant'Antonio invece è isolata e si trova lungo la strada per Stridone. Trattasi di una costruzione antichissima, con tetto in pietra e campanile a vela. Ritornando alla chiesa di Santa Lucia, osserviamo che è una costruzione abbastanza grande, rettangolare, preceduta da un grande porticato chiuso sul lato nord ed aperto sui lati sud ed ovest. Anche questa chiesa ha un bel campanile a vela. L'interno ha un solo altare posto nel presbiterio absidato ed è sormontato da una bella pala. Da notare che la chiesa, pur non essendo mai stata parrocchiale, è dotata di un battistero. Merita soffermarsi sul bel porticato per ammirare l'ampio panorama e godere della stupenda vista di Portole, che da questo luogo ci appare nella sua possanza antica nascondendoci la dura realtà di oggi. Da qui, con ampia curva, la strada scende da quota 320, per poi salire il colle ove è posto l'antico castello, a quota 380. In prossimità della località va notata, sulla destra, la chiesa di Santa Maria Nuova o Piccola detta anche dei Greci. È una chiesa del XV secolo con un bel porticato sostenuto da dieci colonne sormontate da capitelli su cui poggiano le travi di rovere del tetto a tre spioventi. All'interno affreschi di Clerigino da Capodistria datati 1471. Poco oltre, sulla sinistra, il cimitero con la chiesetta di Santa Cecilia. Da qui una strada diritta porta all'ingresso del borgo murato ed al Belvedere, ampio piazzale ricavato sul bastione ove spicca nel mezzo il pilo per il gonfalone. Di fronte alla porta che dà l'accesso al borgo, si trova la Loggia veneta. Un po' più avanti attrae la nostra attenzione la chiesa di San Rocco, anch'essa preceduta da un bel porticato. Prima di entrare nel borgo murato percorriamo il giro esterno attorno alle mura. La strada inizia sul finire del piazzale, sulla sinistra, prima della chiesa e permette di compiere l'intero giro esterno dandoci la possibilità di cogliere vedute, strutture difensive e caratteristiche del posto, predisponendoci alla visita del borgo che, per l'abbandono in cui si trova, ci lascerà addolorati anche se non siamo del luogo. Fatto ritorno alla Loggia, ammiriamo ancora il bel panorama, i pastini sottostanti (orti) e la bella struttura che ci accoglie, oggi lapidario, un tempo luogo dove i Podestà amministravano la giustizia. Dalla Loggia veneta, ci avviamo alla Porta del Borgo rifatta nel 1756, che ci sta di fronte sotto l'edificio dell'ex Fondaco. La costruzione, maestosa, ci introduce alla triste realtà odierna in cui si trova il paese. Esso infatti versa in completo abbandono; le sue finestre asimmetriche sono sprovviste di serramenti, la sua imponenza parla dello splendore del passato, e il suo stato odierno di abbandono, di città fantasma. Entrati entro le mura che risalgono al Medio Evo, ma ricalcano la cerchia dell'antico castelliere (opera che abbiamo potuto vedere nel giro esterno di approccio), ci troviamo in una realtà che conserva nell'assetto urbano tanti aspetti del glorioso passato. I pochi segni di vita che notiamo stridono in rapporto a quanto dicono le pietre quasi che le case abbandonate fossero lapidi. Oggi gli abitanti del centro, comprese le case esterne della cerchia delle mura, sono una novantina; un tempo il castello di Portole come possiamo vedere da quanto rimane, era ben abitato, florido. Quelli di Montona e di Buie lo chiamavano “il paese dei 72 letterati” quasi a riconoscere uno status di privilegio in un tempo in cui erano pochi, specialmente fuori delle città, quelli che avevano un certo grado di istruzione. La località ovviamente andava fiera dei suoi cittadini che si erano distinti nei vari campi delle arti, ma già il vescovo di Cittanova Tommasini, nel 1600, scriveva:”Portole lassù in mezzo alle rocce ed ai boschi, un covo di fiere”, segno questo di una decadenza ormai presente anche qui come su tutto il territorio diocesano in cui peraltro la parte più malmessa era quella marittima, infestata dalla malaria.

Portole dunque, da baluardo degli Istri, divenne centro romano dopo la conquista di questi, come attestano numerosi ritrovamenti di monete, di laterizi con l'indicazione di fabbrica romana, e di lapidi con iscrizioni latine. Una di queste si riferisce alla famiglia Hostilia, oltre ad un certa Cantenia Titi figlia di Herotia, un cognome greco che significa amorino. Nella Loggia veneta un'altra iscrizione è dedicata a Lucio Calpurnio. Vi è stata dunque continuità di vita. Continuità protrattasi nei secoli delle invasioni, del dominio bizantino e dell'insediamento franco, tanto che nel 1102 in un documento si trova che Ulrico II, marchese d'Istria, donò alla Chiesa aquileiese i suoi beni istriani tra cui è indicata Portole con il nome di Castrum Portulense in Histria. Il castello rimase patriarchino fino al 1420 allorché cessò il potere temporale dei patriarchi e Portole fu occupata dai Veneziani. Durante la sudditanza patriarchina, fu governata da un Gastaldo, poi, passata sotto Capodistria, da una serie di Podestà prima di nomina patriarchina, poi capodistriana ed infine veneziana. Al Gastaldo invece restò invece l'amministrazione dei beni ecclesiali e delle varie scuole; beni che erano cospicui. Portole ebbe contrasti con i vicini, specialmente con la dirimpettaia Montona, per il possesso di territori e beni. Nella Valle c'era il prezioso bosco e lo scorrere del fiume fonte di energia per i mulini. A Portole dunque ebbe notevole importanza la “Camera di San Giorgio” ossia l'amministrazione dei beni parrocchiali. Ricca di chiese entro e fuori le mura, la comunità cristiana di Portole risale molto probabilmente già al VI secolo nell'ambito della Chiesa Aemoniense. Portole poi fu per secoli sede dell'unico Vicario Foraneo (Decano) della diocesi ed ebbe una certa giurisdizione sulle parrocchie all'interno mentre quelle prossime alla sede vescovile rimasero di spettanza del capitolo cattedrale. L'attuale chiesa parrocchiale, dedicata a San Giorgio, è del XV secolo, mentre la facciata risale al 1600 allorché la chiesa fu allungata. Sullo stesso sito doveva essere la chiesa precedente, antica e più piccola, fatto questo che può essere attestato dalle stesse strutture sottostanti a quelle attuali che risulta sopraelevata. Una scalinata lunga quanto tutta la facciata scende sulla piazza che è lastricata come le contrade del borgo. Sopra il portale fa bella mostra di sé un mosaico dorato raffigurante il Cristo. Oltre al portone principale, sopra il quale è stato ricavato un finestrone rotondo, ci sono due porte che fungono da entrata alle navate laterali anch'esse sormontate da finestre. La chiesa, a tre navate, ha un'abside poligonale che poggia su un seminterrato formato da grosse murature ad archi, le cui aperture sono protette da inferriate. Dalle aperture si notano grandi volte a vela, in pietra, che formano il soffitto. Il locale, oggi adibito a magazzino, non è mai stato una cripta. La chiesa attuale ha subito nel tempo diverse ristrutturazioni: in stile gotico quelle del secolo XVI, in stile barocco quelle dei secoli XVII e XVIII. Sull'altare maggiore spiccano le statue marmoree dei santi Antonio da Padova e Francesco da Paola (santo questo particolarmente venerato nella vicina Piemonte), opera del Bonazza, maestro del Canova. Nella chiesa vi sono altresì preziosi dipinti tra cui ricordiamo un San Giorgio con il drago di Baldassarre dell'Anna della scuola del Veronese, una pala della Santissima Trinità del Carpaccio ed una Madonna del Rosario del Furlanetto, pittore del 1700. Portole aveva pure arredi preziosi ed era dotata di arredi sacri di argento, di notevole fattura. Di fronte alla chiesa si trova la torre campanaria alta 20 m. che termina con un parapetto sul tetto piano. Costruita in pietra arenaria, ora giallastra, ha gli spigoli bianchi in calcare. La cella campanaria ha belle bifore sui quattro lati. Ai piede della Loggia oggi è adagiata una lastra in pietra bianca d'Istria – cm 138x167, spessa cm 18 – raffigurante un leone marciano andante del 1529. Restando alla torre campanaria, dotata un tempo di tre campane di cui la maggiore ad uso liturgico, la mezzana per gli avvisi di pericolo e la terza per indicare l'orario di chiusura delle osterie, possiamo vedere la funzione religiosa, civica che questa svolgeva nella comunità. Dalla “Visitatio in oppido Portularum” del Valier (1580) apprendiamo le condizioni del luogo, la consistenza dei beni della chiesa, il numero dei sacerdoti (tre nel borgo) ed altro. Sappiamo che oltre alla parrocchiale di San Giorgio, di cui descrive le condizioni dei singoli altari e dei beni, vi erano accanto due chiesette di cui oggi rimane solo memoria: Santa Maria Piccola e Santa Maria Maddalena. Nel territorio poi vi erano ben dieci chiese, tute ben tenute. Il parroco del tempo (Stefano Lombardo) non sapeva quanti fossero i suoi parrocchiani, ma indicava in 270 quelli di comunione. I bambini evidentemente non si contavano forse perché, causa le troppe morti in tenera età, era un dato molto variabile. Nel 1806, con i suoi 2205 fedeli, quella di Portole era la più popolata tra le diocesi di Cittanova. Nel 1872, con 3278 abitanti, restava la più popolata del territorio ormai passata alla diocesi di Trieste. Nel 1939 contava 3400 abitanti, ridotti a oggi a 533 di cui cattolici sono 452. Ho sempre vivo nella memoria il mio primo impatto con questo borgo abbandonato. Quasi oppresso nell'abbandono delle case scheletriche, entrato in chiesa, m'accolse il canto in una lingua che inconsciamente sentii legata a quell'abbandono, tanto che me ne andai immediatamente fortemente scosso. In un secondo incontro, ricordo un vecchio che, sentendoci parlare, ci venne incontro desideroso di poter scambiare con noi quattro parole. Il suo dire era in sintonia con l'abbandono che ci attorniava. Strazio dell'esodo che ha spopolato più che le ricorrenti epidemie del passato! Meriterebbe fare un giro anche all'interno del borgo, ma io non ho avuto l'animo di farlo. Pur essendo d'altri luoghi, troppa era in me la sofferenza. Non riesco infatti a ritornare in Istria da turista; vado cercando segni delle radici nostre, ma, a volte, anche questo forte interesse non mi sostiene e trovo pace solo guardando l'immutato aspetto di panorami estesi ove i particolari nuovi non disturbano il mio sentir.

“Peregrinus”

Tratto da “Itinerari istriani” di Pietro Parentin

Nei viaggi del “Peregrinus” - pubblicati a puntate su “La Nuova Voce Giuliana”

e raccolti nei due volumi di “Itinerari istriani” - sono inoltre descritte le località e i dintorni di:

Abbazia, Albona, Antignana, Barbana, Becca, Bersezio, Bogliuno, Borrato, Brest, Briani, Brioni, Buie, Caisole, Canfanaro, Capodistria, Caroiba, Carsette, Casali Sumbaresi, Castagna, Castel Racizze, Castellier di Visinada, Castelnuovo, Castelvenere, Castelverde, Ceppi di Portole, Cerreto, Chersicla, Cherso, Cicceria, Cittanova, Collalto-Briz-Vergnacco, Colmo, comunità Ex alunni Padre Damiani, Corridicio, Costabona, Covedo, Daila, Dignano, Draguccio, Duecastelli, Fasana, Felicia, Fianona, Fiorini, Fontane, Foscolino, Gallesano, Gallignana, Gimino, Gradina, Grimalda, Grisignana, Isola d'Istria, Lanischie, Laurana, Levade, Lindaro, Lussingrande, Lussinpiccolo, Madonna del Carso, Marcenigla, Matterada, Medolino, Mlum, Mondellebotte, Momiano, Mompaderno, Moncalvo, Montona, Mormorano, Moschiena, Muggia, Neresine, Nesazio, Novacco di Montona, Novacco di Pisino, Occisla, Orsera, Ossero, Parenzo, Passo, Paugnano, Pedena, Petrovia, Piemonte, Pietrapelosa, Pinguente-Rozzo-Sovignacco, Pirano, Pisino, Pola, Portole, Portorose, Pregara, Promontore, Raccotole, Radini, Rovigno, Rozzo, Salise, Salvore, San Lorenzo d'Albona, San Lorenzo del Pasenatico, San Lorenzo di Daila, San Pietro dè Nembi, San Pietro di Madrasso, San Pietro in Selve, San Servolo, Sansego, Santa Domenica di Visinada, Sanvincenti, Sarezzo, Sbandati, Schitazza, Sicciole, Sissano, Socerga, Sovignacco, Stridone, Strugnano, Toppolo, Torre di Parenzo, Tribano, Truscolo, Umago, Valdarsa, Valle del Risano, Valle dell'Ospo, Valle d'Istria, Valmorasa, Verteneglio, Vetta, Villa Gardossi, Villa Padova, Villa Treviso, Villanova del Quieto, Villanova di Parenzo, Visignano, Visinada "Norma Cossetto", Zumasco.